Italiano
Chiesa S. Vincenzo Ferreri La chiesa di S. Vincenzo Ferreri era annessa all’ex monastero domenicano di clausura, demolito negli anni ’60-70 del ‘900 per far posto alla nuova scuola elementare oggi intitolata a S. Felice da Nicosia. Il monastero era collegato alla chiesa tramite un ballatoio sopraelevato che conduceva le suore direttamente al matroneo . Furono costruiti a metà ‘500 per volontà del barone Nicolò Cancellario, padre del futuro arciprete di Nicosia e poi arcivescovo di Messina, mons. Antonino Cancellario. La chiesa fu ristrutturata tra il ‘600-700 ed affrescata nel 1717 dal pittore firmato ad un bordo della Gloria di S. Vincenzo: “Guglielmo Borremans fiamengo P.A. 1717” Era questi un pittore di origine fiamminga, proveniente dalle Fiandre spagnole. A lui, originario della ricca Anversa, dopo un’iniziale esperienza artistica a Napoli (dove fuse la sua formazione fiamminga con l’esperienza della pittura napoletana), trasferitosi a Palermo (verso il 1715) e divenuto il pittore prediletto di monache e aristocratici, si rivolsero le suore domenicane di S. Vincenzo Ferreri il 26 giugno 1716 (data dell’atto di committenza tra il pittore e Antonio Maria Pisano, procuratore del monastero), quando decisero di decorare la “nuova, ed amplissima chiesa”, ristrutturata (come tutto il monastero di clausura) tra fine ‘600 ed inizi ‘700, come attesta il contemporaneo canonico Bartolomeo Provenzale, nella sua storia manoscritta del 1695. Borremans – assieme ad “aliis… personis nesciis”, ad altri artisti non nominati nell’atto di committenza del 1716 – affrescò, con la tecnica dello sfondato prospettico e con stile, gusto e atmosfere arcadico-rococò – tutta la chiesa (a navata unica) con grandi scene composite, tondi, medaglioni, monocromi, figure singole, festoni, cartocci, conchiglie, vasi allegorici, raccordati agli stucchi in gesso realizzati da Procopio Serpotta (Palermo 1679-1755: figlio del più celebre padre Giacomo) e Domenico Castelli (not. dal 1698), tra cui spiccano i putti in gesso bianco e i due grandi angeli ai lati della pala d’altare. Specificatamente, sulla volta rappresentò la Gloria dell’ordine domenicano in tre scene diverse: a) in quella centrale dipinse la Gloria di San Vincenzo Ferreri, racchiusa dentro una marcata cornice mistilinea; b) ai lati, dentro due tondi, dipinse i due santi domenicani più illustri per scienza e santità: San Domenico tra gli evangelisti e San Tommaso tra i dottori della chiesa; c) ai fianchi della volta, nei medaglioni delle vele dei fusi sopra la cornice a mensola, raffigurò i Papi dell’ordine domenicano, S. Caterina d’Alessandria, S. Barbara e, a monocromo, quattro Eroine bibliche. Nella volta del presbiterio dipinse Gli angeli dell’apocalisse segnano gli eletti col simbolo della tau; ai lati, ancora a monocromo, scene del Diluvio universale con l’Arca di Noè e due figure allegoriche. Lo stesso Borremans dipinse tre pale d’altare: due (a stento leggibili nonostante il recente restauro) per quelli laterali di sinistra: l’ Adorazione dei pastori e il Compianto sul Cristo morto; la terza raffigurante la Madonna e i SS. Domenico, Caterina e Rosa per quello centrale, dove è “sostenuto” da due bellissimi angeli ser-pottiani. La scerna più composita e spettacolare è la Gloria di San Vincenzo Ferreri. In uno “scenografico intreccio di tonache in volo” (Ruta) e fra il tripudio di bellissimi angeli svolazzanti, S. Vincenzo – in tunica bianca e mantello nero dei Domenicani (riconoscibile per la fiaccola sul capo) – viene accolto nella gloria dei cieli dalla Trinità al completo: Dio Padre e Gesù Cristo reggono la corona mentre lo Spirito Santo (in forma di colomba) è librato in un alone luminosissimo (la luce del Paradiso). Gli rendono gloria – dal basso, sotto il coro degli angeli – gruppi di santi illustri e di sante famose e rappresentative dell’ordine (tutti raffigurati con i loro simboli iconografici) e disposti per tagli diagonali: S. Pietro. (con una grossa chiave in mano), S. Paolo (che regge una lunga spada), S. Giovanni Evangelista con l’immancabile Ecce Agnus Dei, Mosé che solleva verso l’alto le “Tavole della legge “. Su di loro incombe, suonando energicamente la tromba, uno spettacolare “angelo musicante” (l’Angelo del giudizio finale). A sinistra, in abito bianco, esulta il gruppo delle sante domenicane più famose, dominate da S. Caterina da Siena (1347-1380). Le fanno corona S. Rosa da Lima (canonizzata nel 1671, la prima santa d’America: un vanto per l’ordine domenicano femminile!), S. Agnese da Montepulciano (1268-1317) col rosario in mano piuttosto che col giglio. I due tondi esaltano i due domenicani più illustri e famosi. Nel primo (dalla parte dell’altare, in posizione privilegiata) domina S. Domenico di Guzman (1170 ca – 1221), fondatore (nel 1216) dell’ordine dei Frati predicatori (o Domenicani), rappresentato secondo l’iconografia corrente: abito domenicano, stella in fronte (simbolo di sapienza) e l’immancabile cane con la fiaccola accesa in bocca, che è anche lo “stemma” dei Domenicani (intesi come ‘Domini canes, ‘cani del Signore’), simbolo ripetuto ad abundantiam in tutta la chiesa. E’ attorniato dai quattro Evangelisti con i loro simboli: Matteo con l’angelo, Giovanni con l’aquila, Marco con il leone, Luca con il bue, Giovanni con l’aquila. Nell’altro tondo (dalla parte del matroneo), S. Tommaso (1225 ca – 1274) – giovane e bello come un lezioso abatino del ‘700 arcadico e rococò (ben diverso dal “bue muto” della tradizione), in abito domenicano e sole sul petto, simbolo della sacra dottrina – primeggia (lui ‘dottore angelico già in vita) – tra i primi quattro Dottori della chiesa: papa Gregorio Magno con la colomba all’orecchio; S. Agostino e S. Ambrogio, barbuti e in pomposi, sontuosi abiti vescovili; S. Girolamo ignudo con i suoi manoscritti in mano. Le figure e i monocromi delle vele e dei fusi esaltano l’eroicità e la santità della donna (eroi-bibliche, vergini martiri) nonché la “gloria terrena” dell’ordine, il prestigio e il potere conquistati (papi), rappresentati secondo la successione Papa – Eroina biblica – Vergine martire -Papa. Al centro delle fascia laterale sinistra, in uno dei pennacchi, spicca, infatti, S. Caterina d’ Alessandria (S. Caterina delle ruote: qui con corona di principessa qual era e la ruota dentata del suo martirio); di fronte c’era sicuramente dipinta S. Barbara, (sempre in coppia con la santa alessandrina), la cui figura, purtroppo, è interamente rovinata. I quattro monocromi raffigurano le più famose Eroine bibliche: Giaele e Sisara (in cui la “maschia Giaele” uccide il generale oppressore Sisara conficcandogli in testa col martello un cavicchio della tenda); Esther e Assuero (in cui il re Assuero incorona Esther), Betsabea e Salomone o Il trionfo di Betsabea (in cui il re Salomone accoglie affettuosamente la madre Betsabea e la fa sedere in trono); Giuditta e Oloferne, di cui sopravvive soltanto il busto di Giuditta. Complessa e un po’ controversa è la “lettura” dei quattro Papi dell’ordine domenicano, rappresentati in ordine cronologico nelle due fasce laterali, tutti (tranne uno) con la veste bianca dei domenicani, un fastoso manto papale, il triregno in testa (tranne uno) e il pastorale. Partendo da destra, il Papa rappresentato nell’atto di scrivere (con la penna d’oca e il libro), col pastorale a lato, è Innocenzo V, il primo domenicano a diventare papa (nato nel 1225, papa dal 21 gennaio al 22 giugno 1276), “doctor famosissimus “ perché uno dei maggiori teologi del suo tempo. L’altro papa fuoriesce dallo “schema domenicano”: non indossa il manto papale né il pastorale, il triregno è deposto ai suoi piedi, quasi ghermito dalla mano di un scheletro, di cui si vede il teschio ghignante, mentre il gesto del Papa esprime la vanità di quella carica terrena. La “vanitas” iconizzata dal teschio, il triregno deposto ai piedi, l’assenza del pastorale e del manto celeste indicano chiaramente che si tratta di Celestino V, l’eremita Pietro da Morrone, eletto nel luglio 1294, l’unico papa che “fece .. .il gran rifiuto” (Dante, Inf. III), che domenicano non era, ma che forse è stato confuso o assimilato ai Frati Predicatori a causa dell’”abito bianco” dei Celestini. Segue, a sinistra, Benedetto XI, nato nel 1240, cardinale e collaboratore di Bonifacio VIII (il successore di Celestino V), papa dal 22 ottobre 1303 al 7 luglio 1304. Il quarto è Pio V, che regnò dal 1566 al 1572, rappresentato con lo stendardo dei Crociati perché organizzò la Lega che, il 7 ottobre 1571, sconfisse i Turchi nella celebre battaglia di Lepanto. L’effetto finale d’insieme è stupefacente: Borremans fonde «luminosità piena (…), tonalità diafane, raffreddate e cristalline, componendo una partitura ritmica in cui la tradizionale dimensione devota si stempera in un’arcadica grazia teatrale di gesti ed espressioni» (Troisi), in una dimensione giocosa, nel continuo scambio tra illusione e realtà. Come nell’ angelo musicante: un bellissimo angelo planante, flessuoso, avvolto in una verde veste svolazzante sopra il gruppo dei santi, che suona energicamente la tromba (è l’Angelo del giudizio finale!) che (prodigio dell’illusionismo barocco!) sembra inseguire e guardare lo “spettatore” che si sposti in ognuno dei quattro punti cardinali. Anche il matroneo (articolato in due ordini) è interamente affrescato, ma le pitture sono di mani diverse e d’altro stile. Gli archi e la volta del 1° ordine (costituito da due colonne e due lesene laterali) sono decorarti con motivi fitomorfi (tralci d’uva, vasi, fogliame) e coppie di putti giocosi. Le pareti laterali contengono due scene evangeliche: a destra, Gesù caccia i mercanti dal tempio; a sinistra, Gesù fanciullo tra i dottori del Tempio. Sulla parete sono rappresentate S. Apollonia (con in mano la tenaglia con un dente estratto) S. Agnese (con l’agnello in braccio e la palma del martirio). Il 2° ordine (un loggiato articolato da quattro colonne, che costituisce il coro da cui le suore di clausura assistevano alle funzioni religiose) ricalca in piccolo la configurazione della chiesa sottostante. E’ pure affrescata, ma un crollo ha rovinato gli affreschi della volta e attualmente non è visitabile. Per fortuna, pochissimi anni fa, gli affreschi della volta e delle pareti sono stati restaurati ed è stato rifatto anche il pavimento in stile moderno. Bibliografia Gioacchino Di Marzo, Guglielmo Borremans di Anversa, pittore fiammingo in Sicilia nel secolo XVIII, Palermo 1912, pp. 19,61-63. Giovanni Paterno Castello, Nicosia, Sperlinga, Cerami, Adernò, Bergamo 1907, pp.57, 65. Anna Maria Ruta, Tre tesori da salvare. Liceo classico “Fili Testa”, pp.71-75. Citti Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma 1986, pp. 198 – 201; Nino Contino, Nicosia. Guida storico-turistica, Papiro ed., Enna 1990 Franco Fiscella – Sergio Troisi, Borremans a Nicosia, in Kalòs, luglio-ottobre 1999; Daniele Cascino, Classicismo e Rococò nelle tele di Filippo Randazzo, tesi di laurea, relatore prof.ssa Mariny Guttilla, a.a. 2004-2005, pp. 15-17, 255-57.
English
Church of S. Vincenzo Ferreri. The church of S. Vincenzo Ferreri was annexed to the former Dominican cloistered monastery, demolished in the 1960s-70s of the 1900s to make way for the new elementary school today named after S. Felice da Nicosia. The monastery was connected to the church through an elevated gallery that led the nuns directly to the women’s gallery. They were built in the mid-500s by the will of Baron Nicolò Cancellario, father of the future archpriest of Nicosia and then archbishop of Messina, Msgr. Antonino Cancellario. The church was restored between the 600-700 and frescoed in 1717 by the painter signed to an edge of the Glory of St. Vincent: “Guglielmo Borremans flame I P.A. 1717 ” He was a Flemish painter from the Spanish Flanders. To him, a native of the rich Antwerp, after an initial artistic experience in Naples (where he merged his Flemish education with the experience of Neapolitan painting), he moved to Palermo (around 1715) and became the favorite painter of nuns and aristocrats, the Dominican nuns of S. Vincenzo Ferreri called on June 26, 1716 (date of the act of commissioning between the painter and Antonio Maria Pisano, procurator of the monastery), when they decided to decorate the “new, very large church”, restored (as the whole cloistered monastery) between the end of the seventeenth and the beginning of the eighteenth centuries, as attested by the contemporary canon Bartolomeo Provenzale, in his manuscript history of 1695. Borremans – along with “aliis … personis nesciis”, to other artists not mentioned in the act of commissioning in 1716 – frescoed, with the technique of the perspective and with style, taste and Arcadian-rococo atmosphere – the whole church (a single nave) with large composite scenes, round, medallions, monochrome, single figures, festoons, cartocci, shells, allegorical vases, connected to the plaster stuccos made by Procopio Serpotta (Palermo 1679-1755: son of the most famous father Giacomo) and Domenico Castles (notated since 1698), including the putti in white plaster and the two large angels on the sides of the altarpiece. Specifically, on the vault it represented the Glory of the Dominican order in three different scenes: a) in the central one he painted the Glory of Saint Vincent Ferreri, enclosed within a marked mixed-line frame; b) on the sides, inside two roundels, he painted the two most illustrious Dominican saints for science and holiness: St. Dominic among the evangelists and St. Thomas among the doctors of the church; c) on the flanks of the vault, in the medallions of the sails of the spindles above the corbel frame, he depicted the Popes of the Dominican order, St. Catherine of Alexandria, St. Barbara and, in monochrome, four biblical heroines. In the vault of the presbytery he painted The angels of the apocalypse mark the elect with the symbol of the tau; on the sides, still in monochrome, scenes of the universal Deluge with Noah’s Ark and two allegorical figures. The same Borremans painted three altarpieces: two (barely legible despite the recent restoration) for the left side ones: the Adoration of the shepherds and the Lamentation over the dead Christ; the third depicting the Madonna and the Saints Domenico, Caterina and Rosa for the central one, where he is “supported” by two beautiful Ser-Pottian angels. The most composite and spectacular cave is the Glory of Saint Vincent Ferreri. In a “spectacular intertwining of flying caches” (Ruta) and among the triumph of beautiful fluttering angels, S. Vincenzo – in a white tunic and black cape of the Dominicans (recognizable by the torch on his head) – is welcomed in the glory of the skies by Complete Trinity: God the Father and Jesus Christ hold the crown while the Holy Spirit (in the form of a dove) is hovering in a very bright halo (the light of Paradise). They give him glory – from below, under the choir of angels – groups of famous saints and famous saints representing the order (all depicted with their iconographic symbols) and arranged in diagonal cuts: St. Peter. (with a large key in his hand), St. Paul (holding a long sword), St. John the Evangelist with the inevitable Ecce Agnus Dei, Moses raising up the “Tables of the law”. A spectacular “musician angel” (the Angel of the final judgment) looms over them, playing the trumpet vigorously. On the left, in a white dress, the group of the most famous Dominican saints, dominated by St. Catherine of Siena (1347-1380), exults. They are crowned by S. Rosa da Lima (canonized in 1671, the first saint of America: a boast for the Dominican female order!), S. Agnese da Montepulciano (1268-1317) with a rosary in her hand rather than a lily. The two rounds enhance the two most illustrious and famous Dominicans. In the first (on the side of the altar, in a privileged position) dominates S. Domenico di Guzman (1170 ca – 1221), founder (in 1216) of the order of the Friars preachers (or Dominicans), represented according to the current iconography: habit Dominican, star in the forehead (symbol of wisdom) and the inevitable dog with the torch lit in bocca, which is also the “coat of arms” of the Dominicans (understood as ‘Domini canes,‘ dogs of the Lord ’), a symbol repeated ad abundantiam throughout the church. He is surrounded by the four Evangelists with their symbols: Matteo with the angel, Giovanni with the eagle, Marco with the lion, Luca with the ox, Giovanni with the eagle. In the other round (from the side of the women’s gallery), S. Tommaso (1225 ca – 1274) – young and beautiful as a flamboyant abatino from the Arcadian and rococo eighteenth century (very different from the “silent ox” of tradition), in Dominican dress and sun on the chest, symbol of sacred doctrine – stands out (he ‘angelic doctor already alive) – among the first four Doctors of the church: Pope Gregorio Magno with the dove in his ear; St. Augustine and St. Ambrose, bearded and in pompous, sumptuous episcopal clothes; S. Girolamo naked with his manuscripts in hand. The figures and monochromes of the sails and spindles enhance the heroicity and sanctity of the woman (biblical heroes, virgin martyrs) as well as the “earthly glory” of the order, the prestige and the power conquered (popes), represented according to the succession Pope – Biblical heroine – Martyr Virgin – Pope. In the middle of the left lateral band, in one of the spandrels, in fact, St. Catherine of Alexandria stands out (St. Catherine of the wheels: here with a crown of a princess as she was and the toothed wheel of her martyrdom); opposite there was certainly painted S. Barbara, (always paired with the Saint Alexandrine), whose figure, unfortunately, is entirely ruined. The four monochromes depict the most famous biblical heroines: Giaele and Sisara (in which the “male Giaele” kills the oppressor general Sisara sticking a tent peg in his head with a hammer); Esther and Assuero (in which the king Ahasuerus crowns Esther), Bathsheba and Solomon or The triumph of Bathsheba (in which King Solomon affectionately welcomes his mother Bathsheba and makes her sit on the throne); Judith and Holofernes, of which only the bust of Judith survives. Complex and somewhat controversial is the “reading” of the four Popes of the Dominican order, represented in chronological order in the two side bands, all (except one) with the white robe of the Dominicans, a sumptuous papal cloak, the triregno in the head ( except one) and pastoral care. Starting from the right, the Pope represented in the act of writing (with the quill and the book), with the pastoral side, is Innocent V, the first Dominican to become pope (born in 1225, pope from 21 January to 22 June 1276), “doctor famosissimus” because one of the greatest theologians of his time. The other pope emerges from the “Dominican scheme”: he does not wear the papal mantle or the pastoral, the triregno is placed at his feet, almost seized by the hand of a skeleton, of which we see the grinning skull, while the gesture of the Pope expresses the vanity of that earthly charge. The “vanitas” iconized by the skull, the triregno laid at the feet, the absence of the pastoral and of the blue mantle clearly indicate that it is Celestino V, the hermit Pietro da Morrone, elected in July 1294, the only pope who ” he made .. the great refusal “(Dante, Inf. III), that Dominican was not, but that perhaps he was confused or assimilated to the Friars Preachers because of the” white dress “of the Celestini. Next, on the left, Benedict XI, born in 1240, cardinal and collaborator of Boniface VIII (the successor of Celestine V), pope from 22 October 1303 to 7 July 1304. The fourth is Pius V, who reigned from 1566 to 1572, represented with the banner of the Crusaders because it organized the League which, on 7 October 1571, defeated the Turks in the famous battle of Lepanto. The final overall effect is astounding: Borremans blends «full brightness (…), diaphanous, cooled and crystalline tones, composing a rhythmic score in which the traditional devout dimension dissolves into an arcadian theatrical grace of gestures and expressions »(Troisi), in a playful dimension, in the continuous exchange between illusion and reality. As in the musician angel: a beautiful planing, lithe angel, wrapped in a green robe fluttering over the group of saints, who plays the trumpet energetically (he is the Angel of the final judgment!) Who (a miracle of baroque illusionism!) Seems chasing and watching the “spectator” move in each of the four cardinal points. Even the women’s gallery (divided into two orders) is entirely frescoed, but the paintings are of different hands and of another style. The arches and the vault of the 1st order (consisting of two columns and two lateral pilasters) are decorated with phytomorphic motifs (grape branches, vases, foliage) and pairs of playful putti. The side walls contain two evangelical scenes: on the right, Jesus chases the merchants from the temple; on the left, the child Jesus among the doctors of the Temple. On the wall are represented S. Apollonia (holding the pincer with an extracted tooth) S. Agnese (with the lamb in her arms and the palm of martyrdom). The 2nd order (a loggia articulated by four columns, which constitutes the choir from which the cloistered nuns assthey existed for religious services) it follows in small the configuration of the church below. It is also frescoed, but a collapse has ruined the frescoes of the vault and is currently not open to visitors. Fortunately, a few years ago, the frescoes in the vault and walls were restored and the floor in a modern style was also redone. Bibliography Gioacchino Di Marzo, Guglielmo Borremans of Antwerp, Flemish painter in Sicily in the XVIII century, Palermo 1912, pp. 19.61 to 63. Giovanni Paterno Castello, Nicosia, Sperlinga, Cerami, Adernò, Bergamo 1907, pp.57, 65. Anna Maria Ruta, Three treasures to be saved. Classical high school “Fili Testa”, pp.71-75. Citti Siracusano, The painting of the eighteenth century in Sicily, Rome 1986, pp. 198 – 201; Nino Contino, Nicosia. Historical-touristic guide, Papyrus ed., Enna 1990 Franco Fiscella – Sergio Troisi, Borremans in Nicosia, in Kalòs, July-October 1999; Daniele Cascino, Classicism and Rococo in the paintings of Filippo Randazzo, thesis, supervisor Prof. Mariny Guttilla, a.a. 2004-2005, pp. 15-17, 255-57.
Deutsch
Kirche von S. Vincenzo Ferreri Die Kirche von S. Vincenzo Ferreri wurde dem ehemaligen Kloster der Dominikaner angegliedert, das in den sechziger und siebziger Jahren des 20. Jahrhunderts abgerissen wurde, um Platz für die neue Grundschule zu machen, die heute nach S. Felice da Nicosia benannt ist. Das Kloster war durch eine erhöhte Galerie mit der Kirche verbunden, die die Nonnen direkt zur Frauengalerie führte. Sie wurden Mitte der 500er Jahre nach dem Willen des Barons Nicolò Cancellario, des Vaters des zukünftigen Erzpriesters von Nikosia und des damaligen Erzbischofs von Messina, Mons. Antonino Cancellario. Die Kirche wurde zwischen 600 und 700 restauriert und 1717 von einem Maler mit Fresken bemalt, der an einem Rand des Ruhmes von St. Vincent signiert war: “Guglielmo Borremans Flamme I P.A. 1717 ” Er war ein flämischer Maler aus dem spanischen Flandern. Für ihn, der aus dem reichen Antwerpen stammte, zog er nach einer ersten künstlerischen Erfahrung in Neapel (wo er seine flämische Ausbildung mit der Erfahrung der neapolitanischen Malerei verband) nach Palermo (um 1715) und wurde zum Lieblingsmaler von Nonnen und Aristokraten. Die Dominikanerinnen von S. Vincenzo Ferreri riefen am 26. Juni 1716 (Datum der Auftragserteilung zwischen dem Maler und Antonio Maria Pisano, Prokurator des Klosters) an, als sie beschlossen, die “neue, sehr große Kirche” zu schmücken, restauriert (as das gesamte Kloster im Kreuzgang) zwischen dem Ende des 17. und dem Beginn des 18. Jahrhunderts, wie der heutige Kanoniker Bartolomeo Provenzale in seiner Handschriftengeschichte von 1695 belegt. Borremans – zusammen mit “aliis … personis nesciis”, gegenüber anderen Künstlern, die im Akt der Auftragserteilung von 1716 nicht erwähnt wurden – mit der Technik der Perspektive und mit Stil, Geschmack und arkadisch-rokokoatmosphäre bemalt – die ganze Kirche (a einschiffig) mit großen Komposit-Szenen, rund, Medaillons, monochrom, Einzelfiguren, Girlanden, Kartokken, Muscheln, allegorischen Vasen, verbunden mit den Gipsstucken von Procopio Serpotta (Palermo 1679-1755: Sohn des berühmtesten Vaters Giacomo) und Domenico Burgen (notiert seit 1698), darunter die Putten aus weißem Gips und die beiden großen Engel an den Seiten des Altarbildes. Auf dem Gewölbe wurde der Ruhm des Dominikanerordens in drei verschiedenen Szenen dargestellt: a) In der Mitte malte er den Ruhm des Heiligen Vincent Ferreri, eingeschlossen in einen markierten Rahmen mit gemischten Linien. b) er malte an den Seiten in zwei Kreisen die beiden berühmtesten dominikanischen Heiligen für Wissenschaft und Heiligkeit: den hl. Dominikus unter den Evangelisten und den hl. Thomas unter den Ärzten der Kirche; c) Auf den Flanken des Gewölbes zeigte er in den Medaillons der Spindelsegel über dem Konsolenrahmen die Päpste des Dominikanerordens, die heilige Katharina von Alexandrien, die heilige Barbara und in Schwarz-Weiß vier biblische Heldinnen. Im Gewölbe des Presbyteriums malte er Die Engel der Apokalypse markieren die Auserwählten mit dem Symbol des Tau; an den noch monochromen Seiten Szenen der universellen Sintflut mit Arche Noah und zwei allegorischen Figuren. Dieselben Borremannen haben drei Altarbilder gemalt: zwei (trotz der kürzlichen Restaurierung kaum lesbar) für die linken: die Anbetung der Hirten und die Klage über den toten Christus; die dritte zeigt die Madonna und die Heiligen Domenico, Caterina und Rosa für den zentralen, wo er von zwei schönen Ser-Pottian Engeln “unterstützt” wird. Die zusammengesetzteste und spektakulärste Höhle ist der Ruhm des Heiligen Vincent Ferreri. In einer “spektakulären Verflechtung fliegender Caches” (Ruta) und unter dem Triumph der schönen flatternden Engel wird S. Vincenzo – in einer weißen Tunika und einem schwarzen Umhang der Dominikaner (erkennbar an der Fackel auf seinem Kopf) – im Glanz des Himmels von begrüßt Volle Dreifaltigkeit: Gott der Vater und Jesus Christus halten die Krone hoch, während der Heilige Geist (in Form einer Taube) in einem sehr hellen Heiligenschein (dem Licht des Paradieses) schwebt. Sie geben ihm Ruhm – von unten, unter dem Chor der Engel – Gruppen berühmter Heiliger und berühmter Heiliger, die den Orden darstellen (alle mit ihren ikonografischen Symbolen dargestellt) und in diagonalen Schnitten angeordnet: St. Peter. (mit einem großen Schlüssel in der Hand), der heilige Paulus (mit einem langen Schwert), der heilige Johannes der Evangelist mit dem unvermeidlichen Ecce Agnus Dei, Mose, der die “Gesetzestafeln” aufstellt. Ein spektakulärer “Musikerengel” (der Engel des Endurteils) taucht über ihnen auf und spielt energisch die Trompete. Links in einem weißen Kleid jubelt die Gruppe der berühmtesten dominikanischen Heiligen, die von der heiligen Katharina von Siena (1347-1380) beherrscht wird. Sie werden gekrönt von S. Rosa da Lima (kanonisiert 1671, die erste Heilige Amerikas: Prahlerei für den Dominikanerinnenorden!), S. Agnese da Montepulciano (1268-1317) mit einem Rosenkranz in der Hand anstatt einer Lilie. Die beiden Runden bereichern die beiden berühmtesten und berühmtesten Dominikaner. In der ersten (auf der Seite des Altars, in einer privilegierten Position) dominiert S. Domenico di Guzman (1170 – 1221), Gründer (im Jahre 1216) des Ordens der Prediger der Brüder (oder Dominikaner), dargestellt nach der aktuellen Ikonographie: Gewohnheit Dominikaner, Stern auf der Stirn (Symbol der Weisheit) und der unvermeidliche Hund mit der Fackel in bOca, das auch das “Wappen” der Dominikaner ist (verstanden als “Domini-Stöcke”, “Hunde des Herrn”), ein Symbol, das in der ganzen Kirche in Hülle und Fülle wiederholt wird. Er ist umgeben von den vier Evangelisten mit ihren Symbolen: Matteo mit dem Engel, Giovanni mit dem Adler, Marco mit dem Löwen, Luca mit dem Ochsen, Giovanni mit dem Adler. In der anderen Runde (von der Seite der Frauengalerie), S. Tommaso (1225 ca – 1274) – jung und schön wie ein extravaganter Abatino aus dem arkadischen und Rokoko des achtzehnten Jahrhunderts (ganz anders als der “stille Ochse” der Tradition), in dominikanischer Tracht und Sonne auf der Brust, Symbol der heiligen Lehre – sticht hervor (der Engelsarzt lebt bereits) – unter den ersten vier Doktoren der Kirche: Papst Gregorio Magno mit der Taube im Ohr; St. Augustine und St. Ambrose, bärtig und in prunkvoller, üppiger bischöflicher Kleidung; S. Girolamo nackt mit seinen Manuskripten in der Hand. Die Figuren und Monochrome der Segel und Spindeln verstärken die Heldentat und Heiligkeit der Frau (biblische Helden, jungfräuliche Märtyrer) sowie den “irdischen Ruhm” des Ordens, das Prestige und die eroberte Macht (Päpste), dargestellt nach der Nachfolge Papst – biblische Heldin – Märtyrerin – Papst. In der Mitte des linken Seitenbandes, in einem der Zwickel, ragt die hl. Katharina von Alexandria hervor (die hl. Katharina von den Rädern: hier mit der Krone einer Prinzessin wie sie war und dem Zahnrad ihres Martyriums); Gegenüber war zweifellos S. Barbara gemalt (immer mit der Heiligen Alexandrine gepaart), deren Figur leider völlig ruiniert ist. Die vier Monochrome stellen die berühmtesten biblischen Heldinnen dar: Giaele und Sisara (bei denen der “männliche Giaele” den Unterdrückergeneral Sisara tötet, der mit einem Hammer einen Zeltpflock in den Kopf steckt); Esther und Assuero (in dem der König Ahasverus Esther krönt), Bathseba und Salomo oder der Triumph von Bathseba (in dem König Salomo seine Mutter Bathseba liebevoll begrüßt und sie auf den Thron setzen lässt); Judith und Holofernes, von denen nur die Büste von Judith erhalten ist. Komplex und etwas umstritten ist die “Lesung” der vier Päpste der Dominikanischen Ordnung, dargestellt in chronologischer Reihenfolge in den beiden Seitenbändern, alle (bis auf eines) mit dem weißen Gewand der Dominikaner, einem prächtigen päpstlichen Umhang, dem Triregno im Kopf ( mit einer Ausnahme) und Seelsorge. Von rechts ausgehend ist der Papst, der im Akt des Schreibens (mit der Feder und dem Buch) mit der pastoralen Seite vertreten ist, Innozenz V., der erste Dominikaner, der Papst wurde (geboren 1225, Papst vom 21. Januar bis 22. Januar) Juni 1276), “Doktor famosissimus”, weil einer der größten Theologen seiner Zeit. Der andere Papst geht aus dem “dominikanischen Schema” hervor: Er trägt weder den päpstlichen Mantel noch den pastoralen, der Triregno wird zu seinen Füßen gelegt, fast ergriffen von der Hand eines Skeletts, von dem wir den grinsenden Schädel sehen, während sich die Geste des Papstes ausdrückt die Eitelkeit dieser irdischen Ladung. Die durch den Schädel symbolisierten “Vanitas”, das zu Füßen liegende Triregno, das Fehlen des pastoralen und des blauen Mantels zeigen deutlich, dass es sich um Celestino V., den im Juli 1294 gewählten Einsiedler Pietro da Morrone, handelt, der der einzige Papst ist, der ” er machte .. die große Ablehnung “(Dante, Inf. III), dass der Dominikaner nicht war, aber dass er vielleicht wegen des” weißen Kleides “der Celestini verwirrt oder den Brüderpredigern gleichgestellt war. Weiter links Benedikt XI., Geboren 1240, Kardinal und Mitarbeiter von Bonifatius VIII. (Dem Nachfolger von Celestine V), Papst vom 22. Oktober 1303 bis 7. Juli 1304. Der vierte ist Pius V, der von 1566 bis 1572 regierte, vertreten mit dem Banner der Kreuzfahrer, weil es die Liga organisierte, die am 7. Oktober 1571 die Türken in der berühmten Schlacht von Lepanto besiegte. Der endgültige Gesamteffekt ist verblüffend: Borremans mischt «volle Helligkeit (…), durchscheinende, gekühlte und kristalline Töne und komponiert eine rhythmische Partitur, in der sich die traditionelle fromme Dimension in eine arkadische theatrale Anmut von Gesten und Ausdrücken auflöst »(Troisi), in einer spielerischen Dimension, im ständigen Austausch zwischen Illusion und Realität. Wie beim Engel des Musikers: ein wunderschöner, geschmeidiger Engel, eingehüllt in ein grünes Gewand, das über der Heiligengruppe flattert und energisch die Trompete spielt (er ist der Engel des endgültigen Gerichts!). Wer (ein Wunder des Barockillusionismus!) Scheint Jagen und Beobachten des “Zuschauers” in jedem der vier Kardinalpunkte bewegen. Sogar die Frauengalerie (aufgeteilt in zwei Orden) ist vollständig mit Fresken bemalt, aber die Gemälde sind von verschiedenen Händen und von einem anderen Stil. Die Bögen und das Gewölbe 1. Ordnung (bestehend aus zwei Säulen und zwei seitlichen Pilastern) sind mit phytomorphen Motiven (Traubenzweige, Vasen, Laub) und verspielten Puttenpaaren verziert. Die Seitenwände enthalten zwei evangelische Szenen: Auf der rechten Seite jagt Jesus die Kaufleute aus dem Tempel; links das Jesuskind unter den Tempeldoktoren. An der Wand ist S. Apollonia dargestellt (hält die Zange mit einem herausgezogenen Zahn fest). S. Agnese (mit dem Lamm im Arm und der Martyrerpalme). Die 2. Ordnung (eine von vier Säulen gegliederte Loggia, die den Chor darstellt, aus dem die Klosternonnen hervorgehen)sie existierten für religiöse dienste) es folgt im kleinen die konfiguration der kirche unten. Es ist auch mit Fresken bemalt, aber ein Einsturz hat die Fresken des Gewölbes zerstört und ist derzeit nicht für Besucher zugänglich. Zum Glück wurden vor einigen Jahren die Fresken im Gewölbe und an den Wänden restauriert und auch der Boden im modernen Stil erneuert. Bibliographie Gioacchino Di Marzo, Guglielmo Borremans von Antwerpen, flämischer Maler auf Sizilien im 18. Jahrhundert, Palermo 1912, S. 19,61-63. Giovanni Paterno Castello, Nikosia, Sperlinga, Cerami, Adernò, Bergamo 1907, S. 57, 65. Anna Maria Ruta, Drei zu rettende Schätze. Klassische High School “Fili Testa”, S. 71-75. Citti Siracusano, Das Gemälde des achtzehnten Jahrhunderts in Sizilien, Rom 1986, pp. 198 – 201; Nino Contino, Nikosia. Historisch-touristischer Führer, Papyrus ed., Enna 1990 Franco Fiscella – Sergio Troisi, Borremans in Nikosia, in Kalòs, Juli-Oktober 1999; Daniele Cascino, Klassizismus und Rokoko in den Gemälden von Filippo Randazzo, Dissertation, Betreuer Prof. Mariny Guttilla, a.a. 2004-2005, pp. 15-17, 255-57.
Français
Eglise de S. Vincenzo Ferreri L’église de S. Vincenzo Ferreri a été annexée à l’ancien monastère dominicain cloîtré, démoli dans les années 1960-1970 pour faire place à la nouvelle école élémentaire qui porte aujourd’hui le nom de S. Felice da Nicosia. Le monastère était relié à l’église par une galerie surélevée qui conduisait les religieuses directement à la galerie des femmes. Ils ont été construits au milieu des années 500 par la volonté du baron Nicolò Cancellario, père du futur archiprêtre de Nicosie puis archevêque de Messine, Mgr. Antonino Cancellario. L’église a été restaurée entre 600 et 700 et décorée de fresques en 1717 par le peintre signé à un bord de la Gloire de Saint-Vincent: “La flamme de Guglielmo Borremans I P.A. 1717 ” Il était un peintre flamand de la Flandre espagnole. Originaire des riches Anvers, après une première expérience artistique à Naples (où il a fusionné son éducation flamande avec l’expérience de la peinture napolitaine), il s’est installé à Palerme (vers 1715) et est devenu le peintre préféré des religieuses et des aristocrates. les religieuses dominicaines de S. Vincenzo Ferreri ont appelé le 26 juin 1716 (date de l’acte de commande entre le peintre et Antonio Maria Pisano, procurateur du monastère), lorsqu’elles ont décidé de décorer la “nouvelle très grande église” restaurée ( le monastère cloîtré dans son ensemble) entre la fin du XVIIe et le début du XVIIIe siècle, comme en témoigne le chanoine Bartolomeo Provenzale, dans son histoire manuscrite de 1695. Borremans – avec “aliis … personis nesciis”, à d’autres artistes non mentionnés dans l’acte de commande de 1716 – décoré de fresques, avec la technique de la perspective et avec style, goût et atmosphère Arcadian-Rococo – l’église entière nef unique) avec de grandes scènes composites, rondes, médaillons, monochromes, figures uniques, festons, cartocoles, coquillages, vases allégoriques, reliés aux stucs en plâtre de Procopio Serpotta (Palerme 1679-1755: fils du plus célèbre père Giacomo) et Domenico Châteaux (notés depuis 1698), y compris les putti en plâtre blanc et les deux grands anges sur les côtés du retable. Plus précisément, sur la voûte, il représentait la gloire de l’ordre dominicain dans trois scènes différentes: a) dans le tableau central, il a peint la gloire de Saint-Vincent Ferreri, enfermée dans un cadre à lignes mixtes marqué; b) sur les côtés, à l’intérieur de deux rondelles, il a peint les deux plus illustres saints dominicains pour la science et la sainteté: saint Dominique parmi les évangélistes et saint Thomas parmi les docteurs de l’église; c) sur les flancs de la voûte, dans les médaillons des voiles des fuseaux au-dessus du cadre du corbeau, il a représenté les papes de l’ordre dominicain, Sainte Catherine d’Alexandrie, Sainte Barbara et quatre héroïnes bibliques monochromes. Dans la voûte du presbytère, il peint Les anges de l’apocalypse marquent les élus du symbole du tau; sur les côtés, toujours en monochrome, des scènes du déluge universel avec l’arche de Noé et deux figures allégoriques. Le même Borremans a peint trois retables: deux (à peine lisibles malgré la restauration récente) pour ceux de gauche: l’adoration des bergers et la lamentation sur le Christ mort; le troisième représentant la Vierge et les saints Domenico, Caterina et Rosa pour le siège central, où il est “soutenu” par deux beaux anges serpottiens. La grotte la plus composite et la plus spectaculaire est la gloire de Saint Vincent Ferreri. Dans un “entrelacs spectaculaire de caches volantes” (Ruta) et parmi le triomphe de beaux anges flottants, S. Vincenzo – dans une tunique blanche et une cape noire des dominicains (reconnaissable au flambeau sur la tête) – est accueilli dans la gloire des cieux par Trinité complète: Dieu le Père et Jésus-Christ tiennent la couronne tandis que le Saint-Esprit (sous la forme d’une colombe) plane dans un halo très brillant (la lumière du paradis). Ils lui rendent gloire – d’en bas, sous le choeur des anges – des groupes de saints célèbres et de saints célèbres représentant l’ordre (tous représentés avec leurs symboles iconographiques) et disposés en coupes diagonales: Saint-Pierre. (avec une grande clé dans la main), saint Paul (tenant une longue épée), saint Jean l’évangéliste avec l’inévitable Ecce Agnus Dei, Moïse élevant les “Tables de la loi”. Un “ange musicien” spectaculaire (l’Ange du jugement final) les domine, jouant de la trompette avec vigueur. À gauche, vêtue d’une robe blanche, le groupe des plus célèbres saints dominicains, dominé par Sainte Catherine de Sienne (1347-1380), exulte. Elles sont couronnées par S. Rosa da Lima (canonisée en 1671, le premier saint d’Amérique: une fierté pour l’ordre des dominicaines!), S. Agnese da Montepulciano (1268-1317) avec un chapelet à la main plutôt qu’un lis. Les deux tours mettent en valeur les deux plus illustres et célèbres dominicains. Dans la première (du côté de l’autel, dans une position privilégiée), domine S. Domenico di Guzman (1170 environ 1221), fondateur (en 1216) de l’ordre des Frères prédicateurs (ou dominicains), représenté selon l’iconographie actuelle: habit Dominicain, étoile au front (symbole de la sagesse) et le chien inévitable avec la torche allumée en bocca, qui est aussi le “blason” des dominicains (compris comme “cannes Domini,” chiens du Seigneur “), symbole répété à profusion dans toute l’église. Il est entouré des quatre évangélistes avec leurs symboles: Matteo avec l’ange, Giovanni avec l’aigle, Marco avec le lion, Luca avec le bœuf, Giovanni avec l’aigle. Dans l’autre partie (du côté de la galerie des femmes), S. Tommaso (1225 – 1274) – jeune et belle comme un abatino flamboyant de l’Arcadie et du XVIIIe siècle rococo (très différente du “bœuf silencieux” de la tradition), en costume le soleil sur la poitrine, symbole de la doctrine sacrée – se détache (il ‘médecin angélique déjà vivant) – parmi les quatre premiers docteurs de l’église: le pape Gregorio Magno avec la colombe à l’oreille; Saint Augustin et saint Ambroise, barbus et vêtus de somptueux vêtements épiscopaux; S. Girolamo nu avec ses manuscrits à la main. Les figures et les monochromes des voiles et des fuseaux renforcent l’héroïsme et la sainteté de la femme (héros bibliques, vierges martyrs) ainsi que la “gloire terrestre” de l’ordre, le prestige et le pouvoir conquis (papes), représentés selon la succession Pape – héroïne biblique – Vierge martyr – Pape. En fait, au centre de la bande latérale gauche, dans l’un des tympans, se distingue Sainte Catherine d’Alexandrie (Sainte Catherine des roues: ici avec une couronne de princesse comme elle était et la roue dentée de son martyre); en face, il y avait certainement une peinture de s. Barbara (toujours jumelée avec la sainte Alexandrine), dont la silhouette, malheureusement, est entièrement ruinée. Les quatre monochromes représentent les plus célèbres héroïnes bibliques: Giaele et Sisara (dans lequel le “mâle Giaele” tue l’oppresseur général Sisara en lui plantant un piquet de tente dans la tête avec un marteau); Esther et Assuero (dans lesquelles le roi Assuérus couronne Esther), Bath-Schéba et Salomon ou Le triomphe de Bath-Schéba (dans lequel le roi Salomon accueille affectueusement sa mère Bath-Schéba et la fait asseoir sur le trône); Judith et Holopherne, dont seul le buste de Judith a survécu. La “lecture” des quatre papes de l’ordre dominicain est complexe et quelque peu controversée. Elle est représentée par ordre chronologique dans les deux bandes latérales, toutes (sauf une) avec la robe blanche des dominicains, un somptueux manteau papal, le triregno dans la tête ( sauf un) et pastorale. En partant de la droite, le pape représenté dans l’acte d’écriture (avec la plume et le livre), côté pastoral, est Innocent V, le premier dominicain à devenir pape (né en 1225, pape du 21 janvier au 22 Juin 1276), “docteur famosissimus”, un des plus grands théologiens de son temps. L’autre pape émerge du “schéma dominicain”: il ne porte ni le manteau papal ni le pastoral, le trirégno est placé à ses pieds, presque saisi par la main d’un squelette, dont on voit le crâne souriant, tandis que le geste du pape exprime la vanité de cette charge terrestre. La “vanitas” symbolisée par le crâne, le trirégno étendu aux pieds, l’absence de pastorale et le manteau bleu indiquent clairement que c’est Celestino V, l’ermite Pietro da Morrone, élu en juillet 1294, le seul pape qui ” il a fait… le grand refus “(Dante, Inf. III), ce dominicain n’était pas, mais peut-être était-il confus ou assimilé aux Frères Prêcheurs à cause de la” robe blanche “des Celestini. Ensuite, à gauche, Benoît XI, né en 1240, cardinal et collaborateur de Boniface VIII (successeur de Célestine V), pape du 22 octobre 1303 au 7 juillet 1304. Le quatrième est Pie V, qui régna de 1566 à 1572, représenté avec la bannière des croisés, car il a organisé la Ligue qui, le 7 octobre 1571, a vaincu les Turcs dans la célèbre bataille de Lépante. L’effet final final est stupéfiant: Borremans mélange «des teintes éclatantes (…), diaphanes, froides et cristallines, composant une partition rythmique dans laquelle la dimension dévote traditionnelle se dissout en une grâce théâtrale arcadienne des gestes et des expressions »(Troisi), dans une dimension ludique, dans l’échange continu entre illusion et réalité. Comme dans l’ange musicien: un bel ange planant, souple, enveloppé dans une robe verte flottant sur le groupe des saints, qui joue de la trompette avec énergie (il est l’ange du jugement final!) Qui (miracle de l’illusionnisme baroque!) Semble chasser et regarder le “spectateur” se déplacer dans chacun des quatre points cardinaux. Même la galerie des femmes (divisée en deux ordres) est entièrement décorée de fresques, mais les peintures sont de mains différentes et d’un autre style. Les arches et la voûte du 1er ordre (composées de deux colonnes et de deux pilastres latéraux) sont décorées de motifs phytomorphes (branches de vigne, vases, feuillage) et de paires de putti espiègles. Les murs latéraux contiennent deux scènes évangéliques: à droite, Jésus chasse les marchands du temple; à gauche, l’enfant Jésus parmi les docteurs du Temple. Sur le mur, on voit S. Apollonia (tenant la pince avec une dent extraite), S. Agnese (avec l’agneau dans les bras et la palme du martyre). Le 2ème ordre (une loggia articulée par quatre colonnes, qui constitue le choeur à partir duquel les nonnes cloîtrées ils existaient pour des services religieux) il suit en petit la configuration de l’église ci-dessous. Il est également décoré de fresques, mais un effondrement a ruiné les fresques de la voûte et il n’est actuellement pas ouvert aux visiteurs. Heureusement, il y a quelques années, les fresques de la voûte et des murs ont été restaurées et le sol de style moderne a également été refait. bibliographie Gioacchino Di Marzo, Guglielmo Borremans d’Anvers, peintre flamand en Sicile au XVIIIe siècle, Palerme 1912, pp. 19,61 à 63. Giovanni Paterno Castello, Nicosie, Sperlinga, Cerami, Adernò, Bergame, 1907, p. 57, 65. Anna Maria Ruta, Trois trésors à sauver. Lycée classique “Fili Testa”, pp.71-75. Citti Siracusano, La peinture du dix-huitième siècle en Sicile, Rome 1986, pp. 198 – 201; Nino Contino, Nicosie. Guide historico-touristique, éd. Papyrus, Enna 1990 Franco Fiscella – Sergio Troisi, Borremans à Nicosie, à Kalòs, juillet-octobre 1999; Daniele Cascino, Classicisme et Rococo dans les peintures de Filippo Randazzo, thèse, superviseur Prof. Mariny Guttilla, a.a. 2004-2005, pp. 15-17, 255-57.
Español
Iglesia de S. Vincenzo Ferreri La iglesia de S. Vincenzo Ferreri se anexó al antiguo monasterio de clausura dominicano, demolido en los años 60 y 70 de la década de 1900 para dar paso a la nueva escuela primaria hoy llamada S. Felice da Nicosia. El monasterio estaba conectado a la iglesia a través de una galería elevada que llevaba a las monjas directamente a la galería de mujeres. Fueron construidos a mediados de los años 500 por la voluntad del barón Nicolò Cancellario, padre del futuro arcipreste de Nicosia y luego arzobispo de Messina, Mons. Antonino Cancellario. La iglesia fue restaurada entre los 600-700 y pintada con frescos en 1717 por el pintor firmado a un borde de la Gloria de San Vicente: “Llama Guglielmo Borremans I P.A. 1717 ” Fue un pintor flamenco de la Flandes española. Para él, nativo de la rica Amberes, después de una experiencia artística inicial en Nápoles (donde fusionó su educación flamenca con la experiencia de la pintura napolitana), se mudó a Palermo (alrededor de 1715) y se convirtió en el pintor favorito de monjas y aristócratas. Las monjas dominicanas de S. Vincenzo Ferreri llamaron el 26 de junio de 1716 (fecha del acto de comisión entre el pintor y Antonio Maria Pisano, procurador del monasterio), cuando decidieron decorar la “iglesia nueva, muy grande”, restaurada (como todo el monasterio enclaustrado) entre finales del siglo XVII y principios del siglo XVIII, como lo atestigua el canon contemporáneo Bartolomeo Provenzale, en su historia manuscrita de 1695. Borremans, junto con “aliis … personis nesciis”, a otros artistas no mencionados en el acto de comisionamiento en 1716 – pintados al fresco, con la técnica de la perspectiva y con estilo, gusto y ambiente arcadio-rococó – toda la iglesia (un Una sola nave) con grandes escenas compuestas, redondas, medallones, monocromos, figuras individuales, festones, cartocci, conchas, jarrones alegóricos, conectados a los estucos de yeso hechos por Procopio Serpotta (Palermo 1679-1755: hijo del padre más famoso Giacomo) y Domenico. Castillos (anotados desde 1698), incluyendo el putti en yeso blanco y los dos ángeles grandes a los lados del retablo. Específicamente, en la bóveda representó la Gloria del orden dominicano en tres escenas diferentes: a) en la central pintó la Gloria de San Vicente Ferreri, encerrada dentro de un marco marcado de líneas mixtas; b) en los costados, dentro de dos rodillas, pintó a los dos santos dominicos más ilustres para la ciencia y la santidad: Santo Domingo entre los evangelistas y Santo Tomás entre los médicos de la iglesia; c) en los flancos de la bóveda, en los medallones de las velas de los husos sobre el marco de la corona, representó a los papas de la orden dominicana, Santa Catalina de Alejandría, Santa Bárbara y, en monocromo, cuatro heroínas bíblicas. En la bóveda del presbiterio pintó Los ángeles del apocalipsis marcan a los elegidos con el símbolo de la tau; en los laterales, aún en monocromo, escenas del Diluvio universal con el Arca de Noé y dos figuras alegóricas. Los mismos Borremans pintaron tres retablos: dos (apenas legibles a pesar de la reciente restauración) para los del lado izquierdo: la Adoración de los pastores y la Lamentación sobre el Cristo muerto; la tercera que representa a la Virgen y los santos Domenico, Caterina y Rosa para el central, donde está “apoyado” por dos hermosos ángeles serpottianos. La cueva más compuesta y espectacular es la Gloria de San Vicente Ferreri. En un “entrecruzamiento espectacular de escondites voladores” (Ruta) y entre el triunfo de hermosos ángeles revoloteando, S. Vincenzo, en una túnica blanca y capa negra de los dominicanos (reconocible por la antorcha en su cabeza), es recibido en la gloria de los cielos por Trinidad completa: Dios el Padre y Jesucristo sostienen la corona mientras el Espíritu Santo (en forma de paloma) está flotando en un halo muy brillante (la luz del Paraíso). Le dan gloria, desde abajo, bajo el coro de ángeles, grupos de santos famosos y santos famosos que representan la orden (todos representados con sus símbolos iconográficos) y dispuestos en cortes diagonales: San Pedro. (con una llave grande en su mano), San Pablo (sosteniendo una espada larga), San Juan Evangelista con el inevitable Ecce Agnus Dei, Moisés levantando las “Tablas de la ley”. Un espectacular “ángel músico” (el ángel del juicio final) se cierne sobre ellos, tocando la trompeta con fuerza. A la izquierda, en un vestido blanco, el grupo de los santos dominicos más famosos, dominado por Santa Catalina de Siena (1347-1380), se regocija. Están coronados por S. Rosa da Lima (canonizada en 1671, la primera santa de América: ¡alarde de la orden femenina dominicana!), S. Agnese da Montepulciano (1268-1317) con un rosario en la mano en lugar de un lirio. Las dos rondas mejoran a los dos dominicanos más ilustres y famosos. En el primero (en el lado del altar, en una posición privilegiada) domina S. Domenico di Guzman (1170 ca – 1221), fundador (en 1216) del orden de los frailes predicadores (o dominicanos), representado según la iconografía actual: hábito. Dominicano, estrella en la frente (símbolo de la sabiduría) y el inevitable perro con la antorcha encendida en la boca, que también es el “escudo de armas” de los dominicanos (entendido como ‘Domini canes,’ perros del Señor ‘), símbolo repetido ad abundantiam en toda la iglesia Está rodeado por los cuatro evangelistas con sus símbolos: Matteo con el ángel, Giovanni con el águila, Marco con el león, Luca con el buey, Giovanni con el águila. En la otra ronda (desde el lado de la galería de mujeres), S. Tommaso (1225 ca – 1274) – joven y hermosa como un abatino extravagante de la Arcadia y el Rococó del siglo XVIII (muy diferente del “buey silencioso” de la tradición), vestida de dominica y sol en el pecho, símbolo de la doctrina sagrada – sobresale (el ‘doctor angélico ya vivo’) – entre los primeros cuatro doctores de la iglesia: el papa Gregorio Magno con la paloma en su oreja; San Agustín y San Ambrosio, con ropa episcopal suntuosa, con barba y pomposo; S. Girolamo desnudo con sus manuscritos en mano. Las figuras y los monocromos de las velas y los husos realzan la heroicidad y la santidad de la mujer (héroes bíblicos, mártires vírgenes), así como la “gloria terrenal” del orden, el prestigio y el poder conquistado (papas), representados según la sucesión. Papa – Heroína Bíblica – Virgen Mártir – Papa. En el centro de la banda lateral izquierda, en uno de los spandrels, de hecho, destaca Santa Catalina de Alejandría. en el lado opuesto se pintó S. Barbara, (siempre en pareja con el santo alejandrino), cuya figura, desafortunadamente, está completamente arruinada. Los cuatro monocromos representan a las heroínas bíblicas más famosas: Giaele y Sisara (en la que el “Giaele macho” mata al general opresor Sisara que se pega una carpa en su cabeza con un martillo); Ester y Asuero (en el que el rey Asuero corona a Ester), Betsabé y Salomón o El triunfo de Betsabé (en el que el rey Salomón acoge con afecto a su madre Betsabé y la hace sentarse en el trono); Judith y Holofernes, de las cuales solo sobrevive el busto de Judith. Compleja y un tanto controvertida es la “lectura” de los cuatro Papas de la orden dominicana, representada en orden cronológico en las dos bandas laterales, todas (excepto una) con la túnica blanca de los dominicanos, una suntuosa capa papal, el triregno en la cabeza ( excepto uno) y cuidado pastoral. Partiendo de la derecha, el Papa representado en el acto de escribir (con la pluma y el libro), con el lado pastoral, es Inocencio V, el primer dominicano en convertirse en papa (nacido en 1225, papa del 21 de enero al 22 de octubre). Junio ??de 1276), “doctor famosissimus” porque es uno de los mejores teólogos de su tiempo. El otro papa emerge del “esquema dominicano”: no usa el manto papal ni la pastoral, el triregno se coloca a sus pies, casi agarrado por la mano de un esqueleto, del cual vemos el cráneo sonriente, mientras el gesto del Papa expresa La vanidad de esa carga terrenal. Las “vanitas” iconizadas por el cráneo, el triregno tendido a los pies, la ausencia de la pastoral y del manto azul indican claramente que es Celestino V, el ermitaño Pietro da Morrone, elegido en julio de 1294, el único papa que ” hizo el gran rechazo “(Dante, Inf. III), que no era dominicano, pero que tal vez fue confundido o asimilado a los frailes predicadores debido a la” costumbre blanca “de los celestinos. A continuación, a la izquierda, Benedicto XI, nacido en 1240, cardenal y colaborador de Bonifacio VIII (el sucesor de Celestine V), papa del 22 de octubre de 1303 al 7 de julio de 1304. El cuarto es Pío V, que reinó de 1566 a 1572, representado con la bandera de los Cruzados porque organizó la Liga que, el 7 de octubre de 1571, derrotó a los turcos en la famosa batalla de Lepanto. El efecto general final es asombroso: Borremans combina «brillo completo (…), tonos diáfanos, fríos y cristalinos, componiendo una partitura rítmica en la que la dimensión devota tradicional se disuelve en una gracia teatral arcadiana de gestos y expresiones. »(Troisi), en una dimensión lúdica, en el intercambio continuo entre ilusión y realidad. Como en el ángel del músico: un ángel hermoso y elegante, envuelto en una túnica verde que revolotea sobre el grupo de santos, que toca la trompeta con energía (¡él es el ángel del juicio final!) Quién (¡un milagro del ilusionismo barroco!) Parece persiguiendo y observando al “espectador” moverse en cada uno de los cuatro puntos cardinales. Incluso la galería de mujeres (dividida en dos órdenes) está totalmente pintada al fresco, pero las pinturas son de diferentes manos y de otro estilo. Los arcos y la bóveda de 1er orden (que consta de dos columnas y dos pilastras laterales) están decorados con motivos fitomorfos (ramas de uva, jarrones, follaje) y pares de juguetones putti. Las paredes laterales contienen dos escenas evangélicas: a la derecha, Jesús persigue a los mercaderes del templo; A la izquierda, el niño Jesús entre los doctores del templo. En la pared está representada S. Apollonia (sosteniendo la pinza con un diente extraído) S. Agnese (con el cordero en sus brazos y la palma del martirio). El segundo orden (una logia articulada por cuatro columnas, que constituye el coro desde el cual las monjas de clausura asistieron a los servicios religiosos) sigue la configuración de la iglesia de abajo en pequeño. También tiene frescos, pero un colapso ha arruinado los frescos de la bóveda y actualmente no está abierto para los visitantes. Afortunadamente, hace unos años, los frescos en la bóveda y las paredes se restauraron y el piso en un estilo moderno también se rehizo. bibliografía Gioacchino Di Marzo, Guglielmo Borremans de Amberes, pintor flamenco en Sicilia en el siglo XVIII, Palermo 1912, pp. 19.61 a 63. Giovanni Paterno Castello, Nicosia, Sperlinga, Cerami, Adernò, Bergamo 1907, pp.57, 65. Anna Maria Ruta, Tres tesoros para salvar. Escuela secundaria clásica “Fili Testa”, pp.71-75. Citti Siracusano, La pintura del siglo XVIII en Sicilia, Roma 1986, pp. 198-201; Nino Contino, Nicosia. Guía histórico-turístico, Papyrus ed., Enna 1990. Franco Fiscella – Sergio Troisi, Borremans en Nicosia, en Kalòs, julio-octubre de 1999; Daniele Cascino, clasicismo y rococó en las pinturas de Filippo Randazzo, tesis, supervisora ??Prof. Mariny Guttilla, a.a. 2004-2005, pp. 15-17, 255-57.