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Chiesa S. Vincenzo Ferreri

Chiesa S. Vincenzo Ferreri La chiesa di S. Vincenzo Ferreri era annessa all’ex monastero domenicano di clausura, demolito negli anni ’60-70 del ‘900 per far posto alla nuova scuola elementare oggi intitolata a S. Felice da Nicosia. 

 Il monastero era collegato alla chiesa tramite un ballatoio sopraelevato che conduceva le suore direttamente al matroneo . Furono costruiti a metà ‘500 per volontà del barone Nicolò Cancellario, padre del futuro arciprete di Nicosia e poi arcivescovo di Messina, mons. Antonino Cancellario. La chiesa fu ristrutturata tra il ‘600-700 ed affrescata nel 1717 dal pittore firmato ad un bordo della Gloria di S. Vincenzo: “Guglielmo Borremans fiamengo P.A. 1717” Era questi un pittore di origine fiamminga, proveniente dalle Fiandre spagnole.

A lui, originario della ricca Anversa, dopo un’iniziale esperienza artistica a Napoli (dove fuse la sua formazione fiamminga con l’esperienza della pittura napoletana), trasferitosi a Palermo (verso il 1715) e divenuto il pittore prediletto di monache e aristocratici, si rivolsero le suore domenicane di S. Vincenzo Ferreri il 26 giugno 1716 (data dell’atto di committenza tra il pittore e Antonio Maria Pisano, procuratore del monastero), quando decisero di decorare la “nuova, ed amplissima chiesa”, ristrutturata (come tutto il monastero di clausura) tra fine ‘600 ed inizi ‘700, come attesta il contemporaneo canonico Bartolomeo Provenzale, nella sua storia manoscritta del 1695. Borremans – assieme ad “aliis… personis nesciis”, ad altri artisti non nominati nell’atto di committenza del 1716 – affrescò, con la tecnica dello sfondato prospettico e con stile, gusto e atmosfere arcadico-rococò – tutta la chiesa (a navata unica) con grandi scene composite, tondi, medaglioni, monocromi, figure singole, festoni, cartocci, conchiglie, vasi allegorici, raccordati agli stucchi in gesso realizzati da Procopio Serpotta (Palermo 1679-1755: figlio del più celebre padre Giacomo) e Domenico Castelli (not. dal 1698), tra cui spiccano i putti in gesso bianco e i due grandi angeli ai lati della pala d’altare. Specificatamente, sulla volta rappresentò la Gloria dell’ordine domenicano in tre scene diverse: a) in quella centrale dipinse la Gloria di San Vincenzo Ferreri, racchiusa dentro una marcata cornice mistilinea; b) ai lati, dentro due tondi, dipinse i due santi domenicani più illustri per scienza e santità: San Domenico tra gli evangelisti e San Tommaso tra i dottori della chiesa; c) ai fianchi della volta, nei medaglioni delle vele dei fusi sopra la cornice a mensola, raffigurò i Papi dell’ordine domenicano, S. Caterina d’Alessandria, S. Barbara e, a monocromo, quattro Eroine bibliche. Nella volta del presbiterio dipinse Gli angeli dell’apocalisse segnano gli eletti col simbolo della tau; ai lati, ancora a monocromo, scene del Diluvio universale con l’Arca di Noè e due figure allegoriche.

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